hikikomori; ansia sociale, NEET; ritiro sociale; dipendenza internet; crisi;

Hikikomori: un fenomeno non solo giapponese.

 

L’hikikomori è un fenomeno di prevalenza e osservazione asiatica, dove venne studiato per la prima volta nel paese del sol levante (Saito; 1998): il significato si può tradurre in “isolarsi, ritirarsi”, ovvero confinarsi all’interno delle proprie mure domestiche ed evitare ogni contatto sociale esterno, se non tramite le tecnologie, internet.

 

Chi sono e che cosa fanno

Sono principalmente i giovani maschi dell’età dell’adolescenza fino alla prima età adulta ad essere i soggetti più colpiti: piano piano le situazioni sociali (scuola, lavoro ed uscite) sono sempre più evitate a favore di un ritiro in casa, se non addirittura nella propria cameretta che a volte diventa una vera e propria dimora da cui il giovane esce solo per le funzioni fisiologiche (il cibo a volte viene portato in camera da un familiare).

I contatti esterni quindi sono evitati o ridotti all’osso ma quelli via internet sono vivaci: social network, forum, game chat, sono i luoghi preferiti, frequentati quasi per la totalità della giornata. Le attività preferite, specialmente in Giappone sono quelle di tipo fantasy e fumettistico (manga e anime), oppure la lettura tradizionale, musica, il disegno o semplicemente oziano.

I ritmi circadiani sonno-veglia sono spesso irregolari, se non invertiti: la notte è spesso il momento prediletto per muoversi.

 

Cosa è e che cosa sembra

Il ritiro sociale, l’evitamento dei contatti “fisici” e l’uso predominante delle tecnologie sono una gamma di sintomatologie che possono far pensare a disturbi di tipo depressivo, ansioso sociale, schizofrenico, autistico o da dipendenza da internet; in realtà  la vita di un hikikomori soddisfa solo in parte i criteri diagnostici di questi disturbi anche se non è esclusa una loro comorbilità, che deve essere comunque considerata durante una valutazione del caso.

 

Le cause

Sebbene non esista una o più cause certe si ipotizza che il ritiro sia vissuto come una sorta di ribellione dalle regole imposte dalla società (influenzata dalle norme del confucianesimo), a partire dal mondo scolastico. La scuola in Giappone è vissuta con rigore e fortissime aspettative, specialmente dai familiari e prepara ad una ricercata carriera professionale: il giovane perciò evita tutto ciò che riguarda il conformarsi alle regole culturali che lo vogliono come studioso, intelligente, educato e preparato, nonché orgoglio della famiglia. Infatti, se nonostante l’impegno avviene il fallimento, l’immagine del ragazzo perfetto crolla, assieme all'orgoglio famigliare nei suoi confronti (il padre, spesso normativo, in primis).

Di contro si può assistere ad un contorno famigliare iperprotettivo che non prepara il giovane alla vita adulta, ma che al contrario lo priva dello sviluppo delle capacità cognitive, emotive, sociali e di problem solving utili per la propria indipendenza.

 

Le emozioni

La vergogna è l’emozione che si tenta di evitare a tutti i costi, scampando al rigido percorso scolastico-culturale, che se non viene pienamente soddisfatto diventa un’onta pesante per sé e per la famiglia. Il rimanere sospesi in uno stato non ben definito lo protegge dal fronteggiare la “dura realtà” dell’essere adulto con tutte le sue responsabilità ma non dal sentimento di fallimento che sfocia in scarsa stima di sé ed aggressività. Ciò che non aiuta è un (quasi inaspettato) senso di sé narcisista di fondo che può essere leso in caso di uno spietato scontro con la realtà.

La chiusura dal mondo esterno non aiuta lo sviluppo e il mantenimento delle semplici competenze sociali di gruppo, per cui il ritiro non è solo fisico.

 

In Italia

Considerando le differenze culturali  giapponesi tra il nostro Paese e l’Europa, è da evidenziare una crescita di quello che sembra essere lo stesso fenomeno. La situazione sociale attuale sembra aiutare al ritiro sociale:  l’esercito dei NEET, ovvero i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano, sono coloro che sono “costretti” all’inattività. Sebbene nella nostra cultura la pressione di soddisfare le aspettative scolastiche e professionali non è così forte come nella cultura orientale, i giovani italiani non sono esenti dalla paura nell’affrontare il mondo degli adulti, che attualmente è molto meno sicuro ma pieno di incertezze se confrontato con quello dei nostri genitori. Da punteggiare però, che è la tendenza personale ad avere un atteggiamento che vira verso la passività e l’introversione, assieme a tutte le componenti del contesto familiare che possono portare ad una vita da hikikomori.

 

Trattamento

Non si conosce ancora una certezza delle cause scatenanti, ma la componente sociale è essenziale per comprendere il fenomeno e i vissuti emotivi sottostanti il ritiro. La vergogna del fallimento scolastico o la frustrazione di non riuscire a trovare un lavoro sono le emozioni su cui lavorare, assieme al coinvolgimento delle figure familiari di riferimento, spesso “colpevoli” di creare un clima rigido e pieno di aspettative o al contrario di estrema protezione che porta solo insicurezze. Per cui, a livello individuale si punta sul senso di sé capace, sul migliorare le competenze già in possesso e sullo sviluppo di nuove per sostenere l’avvio ad una propria indipendenza.

 

 

Dott.ssa Melissa Mancini Psicologa

Psicoterapeuta

 

Riferimenti:

 

  • www.hikikomoriitalia.it/
  • https://it.wikipedia.org/wiki/Hikikomori
  • agensir.it/.../gli-hikikomori-italiani-adolescenti-chiusi-in-una-stanza-in-fuga-dal-mondo
  • http://www.stateofmind.it/2015/09/hikikomori-adolescenti-isolamento/

 

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