L’ANSIA SOCIALE
Secondo i criteri del DSM 5 il Disturbo da Ansia Sociale consiste in una paura marcata o ansia in una o più situazioni sociali in cui la persona è esposta al possibile giudizio degli altri: le interazioni sociali, come l’avere una conversazione, il compiere azioni di fronte agli altri, oppure essere osservati ad esempio nei momenti dei pasti. Può riguardare una situazione specifica o generalizzata alla maggior parte delle situazioni sociali.
Quindi la persona prova paura e sentimenti di vergogna ed imbarazzo in vari contesti, ad esempio:
· Durante le interrogazioni o gli esami per timore di non superarlo o di ricevere un voto troppo basso
· Durante i colloqui di lavoro
· Parlare di fronte ad un pubblico
· Nei momenti di confronto fisico (in palestra, al mare, ecc.)
· Durante gli appuntamenti romantici
· In situazioni da prestazione (sessuale, sportiva, intellettiva)
La maggior parte delle persone preferisce fare bella figura con gli altri e di fronte ad una situazione sociale in cui pensano di essere giudicati possono provare un po’ di ansia, considerata normale e adattiva; per alcuni invece la situazione è insostenibile: i primi possono immaginare che in caso di insuccesso la loro vita proseguirebbe immutata mentre nei secondi il fallimento significherebbe la fine di tutto, la fine della “maschera di perfezione” che spesso cercano di mostrare agli altri e lo svelamento del bluff.
Chi soffre di ansia sociale si nasconde dietro la paura del giudizio altrui, il quale è legato ad un termine di paragone proprio nei confronti degli altri, che sono considerati migliori o “perfetti”. Dato che la focalizzazione degli stati interni parte dall’osservazione del mondo sociale, l’individuo si costruisce in base a questo contesto (“in ufficio sono tutti in perfetta forma, quindi cerco di esserlo anche io per evitare di essere preso in giro o di non essere considerato dai colleghi”).
Il termine di paragone rispetto agli altri è altissimo, per cui la persona cerca la perfezione della performance, portando quindi l’azione ad un risultato molto probabilmente non sufficiente per i suoi standard.
Tra i pensieri più ricorrenti ci sono “guarderanno tutti me”, “mi giudicheranno negativamente”, “le persone sono alla ricerca di un mio passo falso”, tutte azioni degli altri.
In realtà, se si analizzano gli episodi ansiosi, si noterà che l’attenzione è posta principalmente su di sé. Prendendo l’esempio dell’esposizione in un’aula piena di gente, l’attenzione sarà rivolta sulla propria postura, sull’abbigliamento, sulle reazioni fisiologiche (il sudare), sul che cosa si dice, sui balbettii, sulla velocità dell’eloquio, ecc…
Questi pensieri portano ad un fraintendimento delle informazioni ambientali e quindi un sorriso del pubblico può essere scambiato per una risata di scherno. Il circolo vizioso che si scatena è veloce:
ho esitato un attimo nell’esposizione ridono di me --> penseranno che sono incapace --> comincio ad arrossire -->la gente se ne accorge e penserà di me che sono un buono a nulla, ecc…
L’evitamento delle situazioni ansiogene è la strategia più utilizzata ma a lungo andare limita le occasioni sociali e lavorative. L’evitamento impedisce di rimettere in discussione le credenze disfunzionali alla base della sofferenza e costruisce la base del suo mantenimento. Non affrontando le situazioni temute la vita della persona cambia e si modificano le sue relazioni e la sua idea di sé che diventa quella di una persona incapace e debole, assumendone la responsabilità della sua problematica e di pari passo con un abbassamento dell’autostima può subentrare una depressione secondaria.
Certe sintomatologie aiutano a dare una scusa alla prestazione massimale che non si può raggiungere, provocando disturbi Sessuali oppure Somatoformi da prestazione (“se non avessi avuto il mal di testa l’esame sarebbe andato meglio”) creando quindi un alibi per salvaguardare l’identità personale da un’invalidazione esterna.
Nella terapia è importante analizzare le situazioni ansiose allo scopo di comprendere quali sono i pensieri di fondo che sottendono alle convinzioni negative dell’”io non sono mai abbastanza”, “gli altri sono migliori di me”.
L’esposizione alle situazioni sociali è importante per la riuscita dell’obiettivo principale della terapia, ma è indispensabile far prima fronte al vivere e sentire le emozioni che si tendono evitare e che paradossalmente gli ansiosi sociali conoscono poco, come la vergogna. Affrontandola si migliorerà la sua gestione e le situazioni sociali saranno meno temute.
È importante creare una demarcazione tra gli altri e il Sé, poiché ciò che gli altri fanno può essere diverso da quello che faccio io, validando ogni iniziativa indipendente del paziente.
Dott.ssa Melissa Mancini - Psicologa Psicoterapeuta
Riferimenti:
American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders Fifth Edition (DSM V)
B.G. Bara: Nuovo Manuale di Psicoterapia Cognitiva vol. 2 Bollati Boringhieri 2005
F. Lambruschi: Psicoterapia Cognitiva dell’Età Evolutiva Bollati Boringhieri 2014