LA NUOVA DISCIPLINA DELL’AFFIDO CONDIVISO:
NOTE A MARGINE DEL DDL FIRMATO PILLON
Quello che voglio illustrarvi sono le diverse implicazioni che susseguono ad una separazione fino alle conseguenze inter ed intrapersonali, sia per quanto riguarda i coniugi che i figli, allacciandomi poi ai punti proposti dal ddl Pillon circa l’affido condiviso.
La fine di una relazione importante, a prescindere dall’aspetto legale, comporta diversi aspetti. Abbiamo la fine di uno status personale che identificava l’individuo per cui l’essere non più all’interno di una coppia comporta una perdita dell’identità del ruolo che si aveva: l’essere moglie, marito e anche genitore. Conseguentemente a questo si ha la nascita di un nuovo status, ovvero quello di single, di separato o divorziato, che mostra spietatamente ai propri occhi e a quelli altrui, il fallimento del progetto di coppia. Sono passati diversi anni dall’avvento del divorzio in Italia e l’influenza culturale/clericale si fa sentire ancora, non solo all’interno delle famiglie fortemente legate alla Chiesa, ma anche all’interno delle famiglie che frequentano la messa solo durante le feste comandate poiché è un dovere sforzarsi per mantenere in piedi un matrimonio: non importa se il marito è violento, non importa se la moglie è traditrice, si deve stare insieme per le apparenze e per il bene dei figlio.
Ma chi dice qual è il bene per chi è all’interno della famiglia che si sta per dividere? Chi prende la decisione di separarsi non è colui che non soffre: le aspettative proprie e altrui circa il matrimonio possono creare sentimenti di colpa, anche verso l’ex coniuge, per averlo fatto soffrire. Chi viene lasciato invece spesso nega l’evidenza di una vita di coppia non soddisfacente ed è spesso colui che tenta di tenere in piedi l’unione familiare e di reggere la facciata della famiglia felice.
La decisione della separazione non ha solo a che fare con i sentimenti e le relazioni ma anche con i cambiamenti della vita quotidiana: non solo le spese legali per la separazione ma quella per la ricerca di una nuova casa, il trasloco, il pagamento degli alimenti e il mantenimento dei figli. Questo aspetto spesso non invoglia le coppie in crisi a separarsi ma anzi a continuare una relazione che non porta vantaggi (se non appunto quelli economici) ma frustrazione per essere costretti a vivere all’interno di un ambiente non sereno o comunque non gratificante. Per cui si resta insieme, costretti a continuare a condividere lo stesso tetto in completa indifferenza, bloccando la possibilità ad entrambi di cominciare una nuova vita.
Come vengono regolati i vissuti di chi si separa? Certamente le modalità di separazione, conflittuali o no, influenzano negativamente o meno lo stato d’animo dei protagonisti. Sono comunque comuni le emozioni di tristezza, di rabbia, sensi di colpa, di vergogna, di essere sbagliato, la voglia accecante di rivalsa, la realtà di essere stato abbandonato. Queste emozioni e concezioni sulla propria persona, derivano dalle nostre esperienze relazionali primarie ovvero le relazioni con i nostri genitori e con le persone che ci hanno cresciuto e che ci hanno fatto percepire il mondo esterno e il nostro Sè sotto una determinata ottica. Ad esempio, se sono cresciuto in una famiglia che non si è curata del mio accudimento e della mia affettività, crescerò con l’idea di non essere abbastanza importante da avere le attenzioni per essere amato e anzi mi sforzerò all’inverosimile per contrastare questa realtà, tenendo in piedi un matrimonio che non funziona, perché se questo crolla significa solo rimarcare la triste verità di non essere una persona amabile.
Possono emergere o riemergere inoltre, sia prima che durante, diversi disturbi: disturbi d’ansia, depressivi, dell’alimentazione, psicosomatici (dermatiti, alopecia, gastrointestinali) e si possono aggravare stati psicotici (deliranti) e della personalità già presenti. Abbiamo invece anche altri risvolti: una relazione può essere davvero negativa da sopportare per una persona, tanto da far esordire diversi disturbi, in primis disturbi dello spettro ansioso (attacchi di panico) depressivo. Al termine della relazione però, il senso di oppressione farà posto al senso di libertà che si era perso, causando una diminuzione della sintomatologia, oppure più semplicemente lascia posto ad una maggior voglia di vivere (ad esempio quelle signore non più giovanissime che decidono di riprendere il tempo perso andando in discoteca tutte le sere con le amiche).
Riassumendo: la separazione può essere vissuta alla stregua di un lutto. I diversi cambiamenti da affrontare sono esasperanti per chi vive questo processo, sebbene questi porteranno benefici sul lungo percorso.
Ma arriviamo al nostro tema centrale. Cosa accade se di mezzo ci sono dei minori? La critica che mi sovviene fare di fronte al ddl Pillon è che si evidenzia una mancanza di attenzione nei confronti dei bisogni del minore, sacrificati in nome della bigenitorialità perfetta a tutti i costi. La parola che mi verrebbe da utilizzare riferendomi a questa riforma è “obbligo” : i genitori hanno l’obbligo di iniziare un percorso di mediazione famigliare a pagamento (quando questa nasce con la peculiarità di essere volontaria –poiché la volontarietà implica una maggior motivazione-), hanno l’obbligo di cambiare ulteriormente le loro vite e quelle dei loro figli per mantenere i rapporti tra loro saldi con l’obbligo del doppio domicilio: un figlio dovrebbe spostarsi da un’abitazione all’altra in tempi alternati brevi (almeno 12 gg mensili da ognuno) e i genitori dovrebbero creare un ambiente consono alla sua crescita mantenendo le sue relazioni ed abitudini salde come sempre. Facile anche per un genitore lavoratore che non riesce ad essere presente perché lavora fuori città, no?
Nel mondo ideale un figlio dovrebbe certamente avere la possibilità di avere relazioni sane con i loro genitori, in egual misura. Ciò che sfugge ed è affrontato in maniera superficiale è il fatto che stiamo parlando di separazioni e ciò implica che le relazioni intrafamigliari, nella maggior parte dei casi, non sono serene ma conflittuali; per cui l’obbligatorietà nell’affrontare le problematiche della relazione, benché con l’aiuto di diversi professionisti, ha il rischio di accentuare le conflittualità tra i membri, aumentando i tempi della separazione.
Un altro punto critico riguarda una delle possibili cause della separazione, ovvero le violenze e gli abusi intrafamigliari. Con il ddl, coloro che richiedono una separazione a causa di un coniuge violento verso loro stessi e i figli, dovranno fare i conti, a parte in alcuni casi, con la non possibilità di uscire dalla relazione abusante poiché obbligati a gestire gli incontri per garantire un’egual genitorialità. Se la separazione poteva essere la soluzione per una vita più serena, ora questa sembra solo un miraggio. Come potrebbe poi un minore, affrontare quotidianamente un genitore violento sull’altro, sebbene sia ineccepibile con lui? Quale immagine del genitore potrebbe avere: del violento, di quello gentile, di quello che mamma allora si è inventata tutto o di quello che mi ricordo ancora del terrore che ho avuto quella sera allora perché ci devo ancora avere a che fare?
Il continuare a vivere all’interno di un ambiente conflittuale non è il contesto ideale per la crescita di un bambino. Il vivere in un ambiente critico e una separazione mal vissuta dal minore porta a:
Nel ddl si parla di Alienazione Genitoriale: definita ma mai riconosciuta completamente dalla comunità scientifica, è spesso attualmente utilizzata all’interno della pratica legale come prova di eventuali circuizioni sul figlio da parte di un genitore. È vero che all’interno dei processi di affido i genitori possono screditarsi a vicenda per ottenere favoritismi ma nel progetto Pillon l’Alienazione Genitoriale prende forma di verità assoluta: se un minore manifesta un rifiuto nei confronti di un genitore, quest’ultimo diventa il genitore alienato, vittima del genitore alienante che lo ha screditato agli occhi del figlio. Ma chi si occupa di verificare le reali cause del rifiuto? Il rischio non è solo quello che un genitore venga allontanato dal figlio ingiustamente ma possono affacciarsi situazioni paradossali, già denunciate da diverse associazioni di difesa dei diritti delle donne e delle vittime di violenza: il caso è quello in cui un figlio vittima di violenza assistita rifiuta il contatto con un genitore abusante nei confronti dell’altro e l’abusante può avere l’occasione di denunciare l’ex coniuge di aver manipolato il figlio e di averlo quindi accusato ingiustamente (es. il padre abusante sulla madre accusa quest’ultima di aver circuito il figlio e di aver inventato le accuse di violenza).
In tutto questo, il lasciar che i sentimenti negativi che susseguono ad una separazione, come rabbia e frustrazione e voglia di rivalsa sull’ex coniuge abbiano la meglio su di sé, possono portare il genitore a non pensare al bene del figlio ma a quello che credono sia il proprio di bene.
Spesso si evita di parlare apertamente al figlio circa le dinamiche conflittuali in famiglia e sulla separazione ma il bambino ha il diritto di sapere cosa sta accadendo; dopotutto si sta parlando non solo del destino delle sue figure di riferimento ma anche del suo dato che ci saranno cambiamenti importanti, specialmente nella quotidianità: basta solo pensare al non vedere più un genitore tutti i giorni o il dover cambiare residenza. Possono addirittura fantasticare di essere loro stessi la causa della separazione, portandoli a sentirsi in colpa inutilmente. Hanno bisogno di sapere, che nonostante tutto, i loro genitori continueranno a fare i genitori.
La genitorialità significa essere attenti ai bisogni psicofisici e sociali del figlio, ma significa essere anche responsivi, ovvero essere capaci di rispondere adeguatamente a questi bisogni, non solo nella qualità e nella quantità ma anche nelle tempistiche.
Cosa quindi si può fare per non aggravare sul figlio il peso di una separazione? Obbligare sì i genitori a focalizzarsi su di lui e quindi a migliorare la genitorialità. Anziché puntare sulla quantità pensiamo alla qualità del tempo da passare con il proprio figlio e stiamo attenti ai loro minimi cambiamenti comportamentali perché possono essere la spia di un disagio più profondo che se non presi in tempo possono solo portare ad una cronicità di un disturbo vero e proprio (come nel caso di un ritiro sociale che può sfociare in una depressione).
È stata recentemente promulgata, in luce alle diverse criticità, la carta dei diritti dei figli dei genitori separati dal Garante dell’Infanzia in cui si ribadiscono appunto i diritti dei bambini che non devono essere dimenticati in questo passaggio di vita complesso e non voluto.
Questi i punti:
1. I figli hanno il diritto di continuare ad amare ed essere amati da entrambi i genitori e di mantenere i loro affetti
2. I figli hanno il diritto di continuare ad essere figli e di vivere la loro età
3. I figli hanno il diritto di essere informati e aiutati a comprendere la separazione dei genitori
4. I figli hanno il diritto di essere ascoltati e di esprimere i loro sentimenti
5. I figli hanno il diritto di non subire pressioni da parte dei genitori e dei parenti
6. I figli hanno il diritto che le scelte che li riguardano siano condivise da entrambi i genitori
7. I figli hanno il diritto di non essere coinvolti nei conflitti tra genitori
8. I figli hanno il diritto al rispetto dei loro tempi
9. I figli hanno il diritto di essere preservati dalle questioni economiche
10. I figli hanno il diritto di ricevere spiegazioni sulle decisioni che li riguardano
Semplici, ma sempre da tener conto.
31/03/2019 Dott.ssa Melissa Mancini - Psicologa Psicoterapeuta
Riferimenti:
Ddl 09/08/2018 n. 735; Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità.
"Carta dei Diritti dei Genitori Separati"; Autorità Garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza, ottobre 2018.